sabato 20 ottobre 2007

Al Gore Nobel per la pace


Non sono uno scienziato. Non ho strumenti per decidere se è in atto un effetto serra. Il clima mutato negli ultimi rent'anni non mi dice niente. Il clima muta da sempre. Mi stupirebbe se fosse rimasto uguale.
Ma onestamente non lo so. Mi baso su quanto preoviene dal mondo scientifico che al momento non concorda e cerco di non lasciarmi influenzare dalla propaganda.
Al Gore ha vinto il premio Nobel con un film pieno di errori scientifici. Renato Angelo Ricci, presidente dell'Associazione Galileo 2001 e presidente onorario della Società Italiana di Fisica, scrive sull'Occidentale del 20 ottobre:

"[...] Dare inoltre un significato etico-scientifico all’attività meramente propagandistica del signor Al Gore, è altrettanto scandaloso se si pensa che, solo qualche giorno prima, il suo film, di tipico stampo catastrofistico-holliwodiano, è stato bollato dall’Alta Corte di Giustizia di Londra, che ne ha condizionato la proiezione nelle scuole alla correzione degli errori e delle falsità più evidenti. In realtà un film del genere avrebbe dovuto essere proibito dopo lo scandalo che ha suscitato nella maggior parte della comunità scientifica IPCC compreso.
Del resto, con il battage mass-mediatico e la propaganda orchestrata, Al Gore ha finito per “scippare” simbolicamente anche la parte assegnata all’IPCC, l’organizzazione intergovernativa che, in ambito ONU, si occupa dei cambiamenti climatici, i cui esperti avrebbero fatto meglio a moderare le affermazioni catastrofistiche e dare spazio alle confutazioni di una ampia parte delle comunità scientifiche non propense a servire interessi politici e propagandistici.
Malgrado ciò l’oracolo ha parlato quasi ad anticipare il discorso del Nobel. Atteggiandosi a profeta della “specie umana”, ha sentenziato sulle nostre colpe visto che “abbiamo letteralmente alterato l’equilibrio del calore esistente tra la terra e il sole”. Non so se l’Alta Corte Britannica, nel fare le pulci al film di Al Gore, abbia o meno rilevato la castroneria del “calore esistente tra terra e sole”, visto che il calore è una forma di energia transiente e non è mai in equilibrio (è semmai la temperatura che spesso viene confusa dai profani con il calore, il che costituisce materia di solenne bocciatura agli esami di fisica). E’ vero che fra terra e cielo, per dirla con Shakespeare, vi sono infinite cose ma che l’ignoranza di questo salvatore dell’umanità sia infinita appare assodato, visto che “la minaccia universale” cui dobbiamo far fronte: “.......quantunque non arrivi da fuori, nondimeno è di portata cosmica” (il sole, i pianeti, la galassia stanno tremando). Pare che gli alieni non c’entrino, come titola Repubblica del 16 ottobre, riportando tali idee algorine.
Forse, a parte la schiera di scienziati ben coscienti della portata eccessivamente allarmistica se non addirittura grottesca di certe affermazioni, non solo e non tanto dell’IPCC ma dei suoi vessilliferi politici e mass-mediatici (vedasi la Conferenza italiana sui Cambiamenti Climatici organizzata dal nostro ineffabile ministro dell’Ambiente e contestata dai più autorevoli climatologi, geofisici e geologi del nostro Paese), potremmo pregare il signor Al Gore e i suoi corifei di andarsi a leggere le sagge parole di un politico avveduto quale il Presidente della Repubblica Ceca, Václav Havel. Il quale, nelle sue note per la Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici, così, tra l’altro, si esprime:
“Noi dobbiamo scegliere. Una risposta razionale dipende - come sempre - dalla dimensione e dalla probabilità del rischio e dalla entità dei costi per evitarlo. Come responsabile politico, come economista e autore di un libro sull’economia del cambiamento climatico, con tutti i dati disponibili e gli argomenti in mente, devo concludere che il rischio è troppo piccolo e i costi per eliminarlo troppo grandi - e che l’applicazione di un principio di precauzione interpretato in modo fondamentalista è una strategia sbagliata”.
Visto inoltre che di Nobel si parla, lo stesso Al Gore potrebbe rivendicare all’America il mancato riconoscimento al Presidente Eisenhower, dato che quest’ultimo aveva, e giustamente, posto il problema di usare estensivamente a scopi civili e pacifici l’energia nucleare con la famosa Conferenza di Ginevra del 1955 “Atomi per la pace”.
Ma forse ad Al Gore preme più la complicità di un certo signor Jeremy Rifkin, profeta dell’idrogeno e delle energie rinnovabili (altro possibile candidato a premi Nobel di tal fatta?), così vezzeggiato, richiesto e gratificato in particolare nel nostro Paese (si veda la Repubblica del 13 e 16 ottobre), il quale parla di “entropia” senza conoscerne il significato e ritiene persino di poter stabilizzare la temperatura del pianeta con mezzi antropici, il che prefigurerebbe, nell’eventualità di una nuova e futura era glaciale, l’assurdità di reimmettere tonnellate di CO2 nell’atmosfera per riscaldarci un po’. Vuol dire che d’ora in avanti basterà enunciare teorie spettacolari proiettate sul futuro e catastrofi prossime venture per candidarsi al Premio Nobel. E, magari, abolire l’insegnamento scientifico nelle scuole".

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