venerdì 19 ottobre 2007

Decreto liberticida

Nel 2001 il Parlamento italiano approvò una legge che fece gridare alla censura perché imponeva l’obbligo di registrare le testate editoriali telematiche come quelle su carta. In pratica per pubblicare su internet occorreva la firma di un giornalista iscritto all’albo e bisognava registrare la testata presso il tribunale addossandosi costi non indifferenti.
L’art. 1 della legge estendeva la definizione di prodotto editoriale anche ai siti internet.
Antonio Martino dichiarò che,una volta vinte le elezioni, avrebbe fatto abrogare la legge. Ma una volta al governo, il centrodestra, non fece il minimo tentativo di abrogarla anzi, Paolo Bonaiuti continuò a definirla eccellente.
Invece di Martino intervenne la Comunità Europea, con la direttiva 2000/31 che il Parlamento fu costretto a recepire: “Deve essere reso esplicito che l’obbligo di registrazione della testata editoriale telematica si applica esclusivamente alle attività per le quali i prestatori di servizio intendano avvalersi delle provvidenze previste dalla legge 7 marzo 2001 n. 62 e che comunque ne facciano specifica richiesta".

L’attuale governo ritenta di controllare la rete.
Il 12 ottobre il consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge sull’editoria. La nuova proposta renderebbe obbligatoria la registrazione presso il ROC (Registro operatori di comunicazione presso l’Autorità per le comunicazioni).
Con la proposta diventa prodotto editoriale anche il prodotto internet senza scopo di lucro. In pratica tutti i siti, tutti i blog e via dicendo.

Perché non chiedere la carta d’identità a chi parla in pubblico?
Imporre procedure burocratiche per l’apertura di un blog è il modo migliore per uccidere l’internet italiana.

Ma qualcuno, in Italia, tutela davvero la libertà di opinione e di stampa?

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