Il mio articolo di oggi su Avantgarden.
Un omicidio ha di solito una motivazione, dettato da interesse personale, da fede religiosa, politica o da ragion di stato, ma assassini dettati dal solo piacere di uccidere, come nel caso di Aleksander Piciushkin, autore di 62 omicidi in un parco a Mosca, lasciano davvero sconcertati.
Gli assassini dei gialli polizieschi di solito sono più rassicuranti: hanno un movente.
Ma perché, pur avendo lo stesso movente, certi ricorrono all’omicidio e altri no?
In “Anime criminali”, ed. Paoline, Roma 1973, Étienne De Greef, docente alla Scuola di scienze criminali di Lovanio, sostiene che l’uomo diventa criminale dopo un periodo di precriminalità in cui elabora il processo che lo porterà all’atto criminale.
Un lungo periodo di decadenza morale può portare, un individuo normale a commettere un omicidio con semplicità e a uccidere anche senza un notivo apprezzabile.
De Greef arriva a dire che non si è realmente liberi di uccidere ("Checché ne dicano i benpensanti, essi non sono 'liberi' di uccidere o non uccidere il prossimo. Dicendo: Lo uccido se voglio, invocano una libertà solo teorica”).
Un crimine commesso all’improvviso, durante un parossismo emotivo in un momento di follia, non esiste.
"L'idea secondo cui un galantuomo è colui che, potendo scegliere di diventare criminale, sceglie di rimanere onesto, e criminale colui che, di fronte alla stessa alternativa, sceglie di diventare criminale, è una di quelle idee semplicistiche che l'esperienza smentisce tutti i giorni. Noi siamo realmente liberi solo in una zona ristretta che varia da popolo a popolo, da generazione a generazione, da paese a paese. L'uomo moralmente perfetto è un'astrazione; un galantuomo è un soggetto che si trova costantemente in equilibrio instabile; è sempre in pericolo di perdere la sua onestà, è sempre nella possibilità di ritrovarla. L'esistenza di tali oscillazioni è normale; l'uomo vede il suo tentennamento verso l'atto reprensibile e, se giudica se stesso sinceramente e obiettivamente, immagina in sé tendenze criminali ben maggiori della realtà. (…) [Viceversa,] dall'esaltazione con cui un uomo insorge contro un peccato, si misura l'ampiezza delle sue difficoltà; egli è il solo a non sapere ciò che tutti leggono in lui”.
In altri termini, siamo tutti potenziali criminali. Qualcuno, poi, lo diventa davvero.
giovedì 11 ottobre 2007
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