domenica 30 settembre 2007

Trekking

Oggi ho fatto trekking.
Trekking è una parola magica.

Nel ventunesimo secolo non si va per boschi a camminare come un tempo, si fa trekking. E poi si dice che non esiste reale progresso.

Con trekking, camminare acquista una sua aureola tra il misterioso e il nobile.

L'uomo moderno non cammina, trekka.

Qualche mese fa mio fratello mi passò un opuscolo del Club alpino italiano. C'erano molte possibilità di escursione. Mi disse di sceglierne almeno una. Scelsi una delle più lontane nel tempo.
Quel giorno era oggi.

Con altri diciassette trekkatori sono partito dalla Befa, dalle parti di Murlo, e ho trekkato il sentiero delle miniere.

Gli spiriti degli antichi abitanti del luogo ci hanno chiesto che cosa stessimo facendo.
Quella era gente che lavorava dalla mattina presto alla sera tardi. La domenica riposava.

"Camminiamo" abbiamo risposto in silenzio. Agli antichi ci siamo vergognati di dire trekkiamo. "La domenica camminiamo per chilometri e chilometri".
"Perché lo fate?", non capivano.
"Per divertimento".

Dopo qualche attimo di gelido silenzio, ho udito l'eco lontana di una risata.
Ma forse mi sono sbagliato. Chi mi era vicino non è sembrato accorgersene.

sabato 29 settembre 2007

Io ne ho viste cose che

IN UNA CITTÀ
In una città vendono sogni.
Prima di sera pare che i negozi di quella città siano molto affollati.

IN UN POSTO LONTANO
In un posto lontano usano bottiglie che non si svuotano.
Ma sono bottiglie di Klein.

C’È SUL SOLE
Da tempo immemorabile sul sole c’è un guardiano che ha il compito d’accenderlo la mattina e di spegnerlo la sera.

C’È UN TRENO
C’è un treno che tocca contemporaneamente tutte le stazioni.
Chi vi sale è già arrivato, non gli resta che scendere dal vagone sito nella stazione desiderata.

C’È UN POSTO
C’è in un posto un mezzo di trasporto che in un milionesimo di secondo fa il giro dell’universo e torna al punto di partenza.
Pare sia molto usato.

C’È UN DIO
C’è un dio che quando nessuno vede si diverte a cambiar posto alle cose.
Sposta treni, case, monumenti, intere città; mischia i facicoli negli archivi e le pagine dei libri.
Ma. prima che qualcuno se ne accorga. rimette tutto in ordine.

C’È UN POSTO
C’è un posto dove si vive in continuo movimento.
Di recente, per andare dove già si è, è stata inventata la sedia.

C’È UN MONDO
C’è un mondo dove finiscono gli oggetti smarriti.
Vi s’ammirano pezzi unici e rarissimi, curiosità di ogni tipo e, mi si creda, anche automobili, aeroplani, navi e perfino edifici. In un negozio vidi esposto il famoso Turco di Von Kempelen.

C’È UN MONDO
C’è un mondo con due dèi che si odiano.
Uno è presente d’inverno e l’altro d’estate.
Gli abitanti del mondo si sono attirati le simpatie d’entrambi officiando quello al momento presente e bestemmiando l’altro.

IN UN PAESE
In un paese c’è una casa a quattro dimensioni e nessuno ha mai capito come accedervi.
Si dice che una volta un uomo sia riuscito a entrare e che di lui non si sia più saputo niente.

IN UN MONDO
In un mondo usano macchine tipografiche senza inchiostro.
Le librerie espongono bellissimi libri dalle pagine bianche.

C’È UNA PORTA
C’è una porta, in un antico castello, che dà accesso a una stanza con dieci porte le quali introducono a dieci stanze dotate anch’esse di dieci porte le quali...

IN UN POSTO
In un posto c’è un apparecchio che ogni dieci minuti ferma il tempo per un minuto.
Gli abitanti del posto sostengono che questa fermata giovi molto alla loro salute.

C’È UN POSTO
C’è un posto dove circolano automobili che si stancano.
Alle stazioni spesso si vedono treni, giunti da lontane regioni, con molti vagoni porta automobili.

C’È UNA MACCHINA
In un posto c'è una macchina che serve a perdere tempo.
Gli abitanti del luogo ne fanno spesso uso, soprattutto per perdere pochi minuti.
Si racconta di un giovane che, per mettere le mani su un'eredità, perse più di vent'anni.
Si dice che trascorse il resto della vita a dolersi d'aver perduto la gioventù.

C’È UNA MORALE
C'è un posto dove le persone sono così pudiche che la loro morale vieta di dire la verità.
Una volta vidi un uomo che, chiesta un'informazione, finì con l'auto in un crepaccio, ma non era uno del posto.

IN UN POSTO
In un posto costruiscono ruote quadrate.
Ma il pianeta è un cubo perfetto.

venerdì 28 settembre 2007

Sette regole d'oro


Stephen J. Hopson, ex broker a Wall Street, abituato a trattare con uomini sull’orlo di una crisi di nervi, ha proposto sette regole cui attenersi per evitare litigi.

1. Restate calmi. Quando il diverbio è in atto meglio tacere e lasciare sfogare l’arrabbiato.
2. Lasciate che l’altro conduca la conversazione. Nella maggior parte dei casi l’interlocutore ha solo voglia di sfogarsi e di essere ascoltato.
3. Tenete in considerazione il punto di vista altrui.
4. Riconoscete le ragioni dell’interlocutore. Hopson consiglia la seguente formula per dichiarare all’altro la vostra attenzione: “Sì, sì, capisco che cosa intendi”.
5. Se gli insulti sono sulla punta della lingua, andatevene.
6. Se siete in errore ammettetelo.
7. Usate l’immaginazione. Se proprio non potete calmare, blandire, coccolare e scappare, usate l’immaginazione e trasformate il tiranno che vi sta innanzi in un orco buono, in un personaggio delle favole, con una psicologia semplice e burbera. Sarà più facile tollerare l’attacco e uscirne indenni.

giovedì 27 settembre 2007

Il problema delle maiuscole


Il mio articolo su Avantgarden di oggi:

Immagino che i frequentatori di questo sito siano quasi tutti buoni scrittori. Oggi, dunque, mi rivolgo a quella parte di lettori che si riconosce nel quasi. Gli altri sono esentati dalla lettura.

Ieri sera un amico, docente a scienze politiche presso l’Università di Siena, mi ha telefonato perché gli era sorto un dubbio improvviso sul problema delle maiuscole.
Al volo il mio consiglio è stato: “in caso di dubbio scrivi in minuscolo. Se sbagli per troppe maiuscole fai la figura del cafone, in caso contrario alla peggio sarai considerato uno snob”.
Poco dopo gli ho inviato la mail che riporto.“La regola grammaticale è questa: le maiuscole si usano (solo) per i nomi propri di persone o di cose.
Pertanto sembra corretto scrivere:
Lega Nord
Radicali Italiani
Università degli Studi di Firenze
Beninteso, in altri casi "nord", “italiani” e "università" vanno scritti minuscolo. Per esempio "Le università italiane si trovano tutte a nord di Lampedusa".
Sembra facile, ma l’interpretazione della regola non sempre è semplice e conduce a discussioni infinite anche tra puristi.
Si scrive "fiume Po" ma si scrive "Fiume Giallo". Nel primo caso, infatti, "Po" può stare anche da solo ("Ho fatto il bagno nel Po", nel secondo entrambe le parole fanno parte inscindibile del nome. Se abitassimo dalle parti del Fiume Giallo probabilmente dovremmo comportarci in modo inverso.
Si scrive "Il presidente Napolitano", "papa Giovanni" (altri preferiscono Papa Giovanni e sbagliato non è), ma, se non accompagnato dal nome di persona, andrebbe scritto "il Papa disse", "Il Presidente disse". Su questo non tutti sono d'accordo. Mi riferisco ai puristi, non agli antipapisti e ai monarchici che, di certo, non hanno dubbi. Si scrive "La lingua italiana" ma si deve scrivere "l'Italiano è portato alla musica" perché in questo caso l'aggettivo "italiano" è diventato come il nome proprio di un gruppo di individui.
Si scrive "La regione Toscana", "la squadra di calcio toscana".
Dio andrebbe scritto in maiuscolo (a meno di non essere atei) e dèi minuscolo:"La dea Venere".
Sole, terra, luna ecc., che sono certamente nomi propri, si scrivano invece in minuscolo fuori dal linguaggio rigorosamente scientifico.
Aldo Gabrielli prima dice che i titoli andrebbero scritti tutti con lettere maiuscole (I Promessi Sposi, La Divina Commedia) ma poi tentenna al pensiero di titoli lunghi. Gli vengono in mente "Niente di nuovo sul fronte occidentale" o "Figurine del mondo vecchio e del secolo nuovo" e conclude. "Certo, dopo il consiglio ora dato, c'è da rimanere interdetti. Vado a guardare il catalogo mondadoriano: tutte minuscole, salvo, s'intende, la prima iniziale. E credo che sia la risoluzione migliore, perché in certi casi è bene metter da parte la regola e guardare alla logica: anche l'occhio vuol la sua parte. E poi, su una cosa credo che tutti, grammatici e non grammatici, vadano d'accordo: meno maiuscole useremo e tanto meglio sarà".
Nella pratica è invalso l’uso di mettere in maiuscolo tutte le parole di un ente e di usare la maiuscola solo per la prima parola per il titolo di un libro. La regola ha perso un po’ di coerenza. Forse non sarebbe male estendere l'uso invalso nello scrivere i titoli dei libri anche agli enti: “Federazione scacchistica italiana” o “Ministero della pubblica istruzione”.
Qui mi addentro in un campo un po’ minato. Nei documenti burocratici preferisco tutto maiuscolo, in un romanzo preferisco veder scritto come se fosse il titolo di un libro.
Io, almeno, quando nessuno mi vede, mi comporto così.

mercoledì 26 settembre 2007

Siamo tutti monaci buddisti

Marciano.
Marciano verso la libertà.
Marciano anche per noi.

martedì 25 settembre 2007

Sentenza contro legge assurda


Il tribunale di Cagliari ha dato ragione a una donna portatrice di talassemia.
La donna chiedeva di eseguire la diagnosi preimpianto prima di procedere con le tecniche di fecondazione in vitro.
La legge 40 non proibisce la diagnosi preimpianto, ma costringendo la donna all’impianto di tutti e tre gli embrioni, anche se malati, di fatto la rende inutile.
La legge non dà la possibilità alla donna di rifiutare l'impianto ma le dà la possibilità, in seguito, di abortire.
Secondo il tribunale di Cagliari il diritto alla salute della futura madre e quello dell'informazione per tutelarla, garantita dalla Costituzione, prevalgono sul divieto di diagnosi.
Dopo la sentenza l'ospedale e il medico controlleranno lo stato dell'embrione, verificando se può essere colpito da talassemia. Solo nel caso in cui l'embrione sia sano il medico procederà all'impianto e alla gravidanza.

lunedì 24 settembre 2007

Moratoria della pena di morte

Oggi si apre all’ONU la 62ma sessione dell’assemblea generale.
Domani, in occasione dell’inizio della riunione ministeriale, verrà depositata al Palazzo di vetro la risoluzione sulla moratoria sulla pena di morte.
Una delegazione radicale e di Nessuno tocchi Caino, che da 14 anni si battono per raggiungere questo obiettivo (dal 2 settembre molti esponenti radicali sono in sciopero della fame), è partita per New York per seguire da vicino la questione, insieme ai rappresentanti del governo italiano.
I paesi favorevoli alla risoluzione della moratoria sono da tempo maggioranza assoluta. Nonostante questo, negli ultimi anni l’approvazione della risoluzione è stata compromessa da errori e ritardi dei governi europei e di Bruxelles in particolare.

domenica 23 settembre 2007

L'indice di leggibilità


Ieri ho ricevuto un nuovo racconto per l’antologia Gialloscacchi. Ho cominciato a leggerlo: “Ci siamo. Oggi è il giorno. Ho comprato il normografo, mesi fa, in un altro quartiere. No, niente paura. Nessuna telecamera in negozio. Nessuna ricevuta da firmare. Chi vuoi che compri un normografo usando la carta di credito? Solo un pazzo”.
Lo squillo del telefono ha interrotto la lettura.
“Hai ricevuto il racconto di ***?”
“Buono”
“Già letto?”
“No, ma per giudicare uno scritto bastano poche righe. Conosci la formula di Flesch?”
“No”
“È un test di leggibilità. Il racconto la supera”.

Nella scuola italiana si insegna a scrivere senza errori ma non a essere leggibili. Ma scrivere senza riuscire a comunicare non serve a niente. La formula di Flesch dovrebbe essere insegnata a scuola. La trascrivo nella versione adattata all’italiano da Roberto Vacca nel 1979:

F = 206 − (0,6 * S) − P

Dove:
F è la leggibilità
S è il numero delle sillabe contenute in un campione di 100 parole
P è il numero medio di parole per frase calcolato su un campione di 100 parole
206 è una costante che serve a mantenere i valori finali dell'applicazione della formula fra 0 e 100
0,6 è una costante relativa alla lunghezza media delle parole dell'italiano

Un testo può essere considerato ad alta leggebilità quando il valore è superiore a 60; a media, quando si colloca tra 50 e 60 e a bassa leggebilità quando è inferiore a 40.

Secondo Vacca l'indice di leggibilità è 100 in un libro di lettura di prima elementare. I buoni scrittori si collocano a 65. I politici sono sotto 20 e i regolamenti di applicazione delle nostre leggi sono a meno 200.

Per la lingua italiana esiste anche l'indice elaborato dal Gruppo universitario linguistico pedagogico.
Il Gulpease usa la lunghezza delle parole, anziché delle sillabe.
Anche quest'indice va da 0 (illeggibile) a 100 (leggibilità massima). Inoltre, l'indice Gulpease, a differenza della formula di Flesch-Vacca, permette di valutare la leggibilità di un testo rispetto al livello di scolarizzazione del lettore.
La formula dell'indice Gulpease è la seguente:

Leggibilità Gulpease = 89-LP/10+3*FR

con: LP = (totale lettere*100) /totale parole e FR = (totale frasi*100) /totale parole


sabato 22 settembre 2007

Giallo Scacchi. Antologia in preparazione

Il mio articolo su Avantgarden del 20 settembre.

L’assassino che opera come se giocasse una partita con la polizia, o che nasconde le sue tracce all’interno di mosse complesse, ricorda inevitabilmente il giocatore di scacchi. C’è poi una singolare similitudine tra il compositore di problemi di scacchi e lo scrittore di gialli. Entrambi devono costruire un problema non facile da risolvere e devono mascherare gli indizi. In entrambi i casi occore infine una soluzione che spieghi il meccanismo e sia coerente con le mosse precedenti.

Che ne siano coscienti o meno, che lo scrittore conosca o no il nobil gioco, il giallo può dunque essere letto come una composizione scacchistica.

Sospetto che se riuscissimo a formalizzare sia il racconto che il componimento su scacchiera, l’algoritmo risultante sarebbe molto simile, forse addirittura indistinguibile.

Arturo Perez-Reverte è uno dei tanti ad averlo capito, ma è colui che ha espresso il concetto in modo più efficace di tutti: “Io dico che più che con l’arte della guerra, gli scacchi sono strutturalmente correlati con l’arte dell’assassinio” (La tavola fiamminga).

La “tavola fiamminga” è un giallo a soggetto scacchistico. Non è certo il primo. Chi non ricorda “Poirot e i quattro” di Agatha Christie o “L’enigma dell’Alfiere” di Philo Vance, tanto per citarne due tra i più noti? Ma negli ultimi tempi ne sono usciti davvero tanti. Ci capiterà di recensirli, ma non oggi.

Oggi parlo di un’antologia in costruzione. Insieme a Fabio Lotti e con la collaborazione di alcuni esperti, tra cui la stessa curatrce di “Avantgarden” Sabina Marchesi, stiamo lavorando a una raccolta di gialli a soggetto scacchistico, la cui uscita è prevista per la prossima primavera per i tipi delle edizioni Ediscere di Verona. Dal momento dell’annuncio siamo stati inondati di racconti. Segno che il tema attira. Lo scrittore di gialli in particolare per i motivi anzidetti, ma anche quello generale per il simbolismo che da sempre avvolge e rende affascinante il gioco dei re.

Al momento hanno spedito racconti una trentina di scrittori. L’elenco completo si trova all’indirizzo http://www.marioleoncini.it/. I lavori non devono superare le 15000 battute e vanno spedito a uno dei curatori entro il prossimo ottobre.

venerdì 21 settembre 2007

Salviamo quest'uomo


Serghiej Gromovs, 43 anni, è nato in Lettonia da padre russo. In quanto tale nel 1991 perse la cittadinanza e il lavoro. È un maestro di scacchi. Privato dei mezzi di sussistenza, padre di due figli divenne apolide. Non poté nemmeno espatriare perché il nuovo passaporto di apolide non glielo permetteva. Disperato, nel 1993 commise un modesto furto per un valore di circa 300 euro. Si procurò un passaporto falso. Voleva emigrare. Nel 1998 venne posto agli arresti domiciliari e condannato a una pena di dieci anni di carcere.
Riuscì a fuggire in Italia dove si mantenne con gli scacchi. Ripercorse l'intera carriera da principiante fino a Maestro FIDE sotto il falso nome di Elmar Ausmins.
Il 3 novembre 2001, durante il torneo di Forlì venne arrestato. Si fece 19 mesi di carcere in attesa di una decisione sull'estradizione. La catena di solidarietà convinse il ministro Castelli a sospendere l'estradizione (10 dicembre 2003).
Quello stesso anno Gromovs riacquistò la libertà grazie a una sentenza della Cassazione. La sua richiesta di asilo politico venne però respinta: la Lettonia stava per entrare in Europa.
La Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato raccomandò la concessione di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Gli fu rilasciato fino al 2009.
L’8 aprile 2003 il gip di Forli dispose l’archiviazione del procedimento penale per uso di documenti falsi. Quel procedimento gli consentiva di non essere estradato perché intendeva difendersi.
Gromovs continuò la sua attività di maestro di scacchi, insegnava ai giovani, partecipava ai tornei, si faceva apprezzare in tutta Italia.
Nel maggio del 2007 l’Interpol comunicò al Ministero che Gromovs si trovava ancora nel nostro paese. Il 18 giugno 2007 il ministro chiese alla corte d’appello di applicargli la custodia cautelare. Il 26 giugno 2007 la Corte di appello di Bologna ne dispose la cattura. Il 9 settembre Gromovs venne arrestato a Rimini, mentre con altri scacchisti si stava recando a disptare l’ultimo turno del torneo di Cesenatico.
L’indulto in Italia non lo ha riguardato perché non è cittadino italiano. L'amnistia intervenuta in Lettonia non lo ha riguardato perché, essendogli stata tolta la cittadinanza, non è nemmeno cittadino lettone.
Ha già scontato 19 mesi, pena che in Italia avrebbe estinto il reato più di una volta.
Presso il ministro della giustizia Mastella, chiedendogli un intervento umanitario, sono già intervenuti monsignor Luigi Negri, vescovo di San Marino e Pennabilli, don Dario Ciani, cappellano del carcere di Forlì e fondatore della comunità di Sadurano. il senatore verde Sauro Turroni, la comunità Giovanni XXII e un gran numero di cittadini e di scacchisti.

Gli indirizzi del ministro sono:
Blog: http://clementemastella.blogspot.com/
email: mastella_m@posta.senato.it
Scrivete subito, la decisione deve essere presa entro 16 giorno dall'arresto. C'è pochissimo tempo.

Il 12 novembre 2002 dal carcere di Forlì scrisse questa lettera a "Torre e Cavallo", una rivista di scacchi taliana:

Sono Sergejs Gromovs (alias Ausmins) detenuto in attesa di giudizio, apolide, di origine russo, colpito dal mandato di cattura per il reato politico (ho combattuto pacificamente per il rispetto dei diritti umani n Lettonia) mascherato come furto. Appartengo alla minoranza nazionale russa, 33% della popolazione lettone, che dal 1991 è oggetto di persecuzioni, lesione dei propri diritti e umiliazioni. Dal 1991 sono apolide perché privato dalla Lettonia di qualsiasi tipo di cittadinanza, perciò non vi è alcuno stato dal quale io possa ricevere aiuto. Come informa il rapporto annuale di Amnesty International del 2002, il CEPT, Comitato europeo per la prevenzione della tortura e altri trattamenti inumani o degradanti, dopo le visite compiute in Lettonia nel 1999, ha raccolto alcune denunce particolareggiate di maltrattamenti nelle carceri. Le persecuzioni e le discriminazioni non sono rivolte ai cittadini di un altro stato, bensì a una parte del popolo lettone, che non ha possibilità di opporsi. Ho aspettato giustizia per oltre un anno, ma purtroppo la giustizia italiana è lenta e fondata sul denaro. Per favore, organizzate una raccolta per aiutarmi, pubblicate sulla vostra rivista questo mio appello rivolto a tutti gli scacchisti italiani.
Gens una sumus

giovedì 20 settembre 2007

20 Settembre

Il 20 settembre 1870 i bersaglieri entrarono in Roma abbattendo quello che non io, ma gli stessi papi autdefinivano lo stato totalitario per eccellenza. Stato tirannico e arretrato quello del papa, dalle galere piene (oltre 30.000 detenuti!), dove le pene corporali per un nonnulla erano all'ordine del giorno.
Il potere temporale dei papi era stato dichiarato decaduto nel 1849 dall’assemblea costituente della Repubblica Romana, il primo parlamente democraticamente eletto in Italia a suffragio universale.
La Repubblica cadde poi sotto i colpi delle truppe francesi e austriache. Il popolo romano, tra cui Goffredo Mameli che vi trovò la morte il 7 luglio 1849, e l’intero ex esercito pontificio la difesero con grande eroismo.
Da allora in poi il papa, non fidandosi più dei suoi sudditi, dovette ricorrere ai mercdenari per le proprie formazioni militari.

Sul suffragio universale
“... Piaga orrenda che affligge l’umana società ... piaga distruggitrice dell’ordine sociale, e che meriterebbe a giusto titolo d’essere chiamata Menzogna universale”.
(Pio IX, Discorso ai pellegrini francesi, 5 maggio 1874)

Sull’istruzione obbligatoria
“Maestà ... unisco la presente per pregarLa a fare tutto quello che può affine di allontanare un altro flagello, e cioè una legge progettata per quanto si dice relativa all’istruzione obbligatoria. Questa legge parmi ordinata ad abbattere totalmente le scuole cattoliche, soprattutto i seminari ...”.
(Pio IX, Lettera a Vittorio Emanuele II, 3 gennaio 1870)


Sulla libertà d’opinione e di culto
“Si è dal governo austriaco fatta una legge ... con la quale si stabilisce la libertà di tutte le opinioni e della stampa, nonché di fede di coscienza e di opinione, e si dà facoltà ai cittadini di qualsivoglia culto di fondare istituti di educazione e di istruzione, mentre tutte le società religiose di ogni sorta sono equiparate e dallo Stato riconosciute ... Coll’Autorità Nostra riproviamo o condanniamo: o i medesimi decreti ... dichiariamo che saranno affatto nulli e di nessun valore ...".

.
La festività del 20 settembre fu abolità da Mussolini dopo la firma dei concordato del 1929.
in occasione delle celebrazuioni del 20 settembre, nel 1920 fu fondata a Varese la Federazione Scacchistica Italiana.

mercoledì 19 settembre 2007

Immaginare società future


Prevedere scoperte non è molto difficile. È difficile immaginare quale ricaduta avranno tali invenzioni. Nell’Ottocento alcuni vignettisti provarono ad immaginare il 2000. I risultati furono disastrosi. Si trattava di un futuro uguale al passato ma con qualcosa di avveniristico. Ricordo una vignetta in cui una donna era ritratta mentre faceva le pulizie di casa con una scopa elettrica. Il vestito era ottocentesco, la scopa era identica ad una dell'epoca anche se un cavo la collegava ad una presa, il mobilio di casa e lo sfondo erano familiari a chi guardava e che fosse una donna a fare le pulizie confermava l’impressione conservatrice dell’insieme.
L’automobile fu la protagonista di un romanzo ottocentesco ambientato nel far west. Il cow boy usava l’auto per attaccare gli indiani invece del cavallo, il resto rimaneva identico.
Non era difficile ideare un’automobile (Bacone l'aveva immaginata nel '600), era difficile comprendere la rivoluzione sociale che avrebbe apportato. L’automobile presumeva il sorgere di un’industria nazionale, della catena di montaggio, e di punti vendita sparsi un po’ ovunque.
Avrebbe acccentuato lo spostamento dalla campagna alla città. Avrebbe fatto crescere di peso politico il movimento operaio, avrebbe reso più autonome le donne con inevitabili ricadute nella richiesta di maggiori diritti. Avrebbe favorito la rivoluzione sessuale.
È vero. I meccanismo che guidano le scelte umane sono da millenni sempre i soliti (paura, fame, sesso ovvero difesa e sopravvivenza di sé e della specie), ma la tecnologia cambia in modo significativo gli usi e i costumi della comunità umana. La storia dimostra che non è facile prevedere le conseguenze variegate e molteplici della tecnica sulla società.
I prossimi passi dell’umanità sono abbastanza prevedibili. La Terra sarà popolata da robot, l’uomo integrerà il proprio cervello con meccanismi di calcolo e memoria.
Non sarà la stessa società di oggi con in più i robot. Non avremo la stessa società di oggi con in più uomini integrati con le macchine. Assisteremo a uno sconvolgimento sociale imprevedibile. Nessuno può realmente immaginare come sarà.

martedì 18 settembre 2007

Sul nucleare


Guardatevi dai politici che parlano di storicizzare le loro posizioni passate. Significa che hanno commesso degli errori, ne sono coscienti ma non intendono ammetterlo. Il Partito non sbaglia mai.

La Chiesa storicizza gli errori compiuti, il vecchio Pci, dopo il 1956, storicizzava l'adesione allo stalinismo.

Il grande politico fa esattamente l'opposto: destoricizza. Va oltre il momento storico contingente, vede oltre.

I partiti italiani di oggi storicizzano poco solo perché sono nati da poco. Il partito cui sono iscritto invece è sulla scena da più di cinquant'anni e pertanto lo fa, anche se per fortuna ne ha poco bisogno.
E, come tutti i partiti, i movimenti e le chiese, ha serie difficoltà a cambiare idea dopo aver commesso un errore.
E, come tutti i partiti, i movimenti e le chiese, sopporta male che qualcuno glielo dica.

E' il caso del nucleare. Tra Pannella e Ippolito aveva ragione Ippolito.
Nel 1987 io sbagliai a votare e il mio voto non fu senza conseguenze.
Vero. Le fonti energetiche vanno diversificate al massimo, un po' come quando si investono soldi in borsa. Ma questo non giustifica aver abbandonato il nucleare. Aver mancato al suo appuntamento ha condannato l'Italia a una forte dipendenza energetica. L'energia a più alto costo è stata tra le cause di crisi dell'economia italiana.

Chi contribuì a prendere quella decisione, nel mio piccolo mi ci metto anch'io, ne è responsabile. Non può tirarsi fuori.

Si dice che all'epoca le centrali nucleari erano meno sicure di oggi. La sicurezza assoluta non c'era allora, non c'è oggi, non ci sarà mai. La sicurezza assoluta non esiste. Di fatto in cinquant'anni il numero di morti causati dagli incidenti nucleari è insignificante.
Ogni anno sulle strade di tutto il mondo ci sono tanti morti come dallo scoppio provocato da diverse bombe atomiche della potenza di quella di Hiroshima, ma non ho mai sentito avanzare l'ipotesi di abolire le automobili.

Le centrali nucleari hanno causato meno morti dell'aereo, del treno, delle centrali a carbone, di tante industrie inquinanti, degli scarichi automobilistici, dei fast food, delle merendine per bambini e delle patatine fritte per l'obesità indotta, per il colesterolo alto, causa di infarti e ictus.

Certo, prima o poi scopriremo un'energia ancora più abbondante e sicura, ma le generazioni che hanno subito il disagio economico indotto, chi devono ringraziare?

lunedì 17 settembre 2007

Il timbro e la gabella

Il 13 agosto ho ordinato dei libri negli Stati Uniti per una spesa di 160 euro, di cui 40 di spedizione. Purtroppo i libri si sono arenati in dogana. A intervalli regolari, per qualche decina di minuti ho provato a telefonare a uno dei quattro numeri indicati. Uno era perennemente occupato, agli altri non rispondeva nessuno.
Da esperienze analoghe sembra che i pacchi possano rimanere parcheggiati in dogana da un giorno a un tempo indefinito.
Non mi è rimasto altro che ripetere l’ordine chiedendo esplicitamente che i libri mi vengano spediti con corriere espresso. Si spende di più ma c’è una tracciatura del pacco e allo sdoganamene ci pensa il corriere.
Nel ventunesimo secolo, in un mondo sempre più globalizzato, questi “colli di bottiglia” sono incomprensibili anacronismi. I paesi del timbro e della gabella sono destinati a un rapido declino.

domenica 16 settembre 2007

La tecnica degli astrologi

Acoltavo alla radio Veltroni e Rutelli sul partito Democratico. Dopo un po' ho cominciato a star male. Non capivo perché, dopotutto non dicevano niente di irragionevole.
Poi ho capito. Parlavano in modo generico. Usavano la tecnica degli astrologi che ti dicono che tipo sei. La descrizione è così generica che ognuno vi si riconosce.
Non è che non dicessero niente di irragionevole: non dicevano niente punto e basta.

Non c'è stato un solo momento in cui mi hanno fatto pensare o mi hanno posto un problema. Passi.
Ma non si sono nemmeno sbilanciati in una qualsiasi direzione: una lotta, un impegno, un'idea, una promessa. Niente.

Solo discorsi generici: siamo il nuovo (sic!), dobbiamo riavvicinare la politica ai cittadini (sì, ma come?), dobbiamo aggregare, battere la destra (sì, ma per fare che?) e così via.

La tecnica è vecchia, ma funziona sempre.
Purtroppo.

sabato 15 settembre 2007

Testamento biologico


La congregazione della dottrina della fede risponde oggi sul caso di Terry Schiavo e indica la nutrizione obbligatoria artificiale in caso di stato vegetativo permanente.
Nulla contro le posizioni di una religione se queste posizioni si rivolgono a chi ne fa parte. I cattolici saranno obbligati ad essere curati oltre ogni limite.

Per me vale la costituzione italiana e la convenzione di Oviedo.

Staccare la spina a chi non lo ha richiesto è omicidio.
Però nelle motivazioni vaticane si parla di dignità e questo non mi convince.
La dignità a un uomo la si toglie quando lo si considera una cosa, un essere che non deve prendere decisioni.
Nel caso di malati terminali vegetativi, si toglie loro dignità quando ci si comporta andando contro le loro volontà riguardo alla loro persona, quando essa sia stata in precedenza dichiarata in modo chiaro, in piena coscienza e lucidità.
Welby, che vegetale non era, poteva muovere solo gli occhi. Con il loro movimento chiedeva che gli fosse staccata la spina dell’apparecchio che pompava ossigeno nei suoi polmoni dandogli ogni volta una sensazione insopportabile di bruciore e riducendo drasticamente le sue ore di sonno per il rumore del pompaggio.
La condizione di Welby non era quella di un vegetale ma la natura gli aveva tolto la libertà del corpo. L'uomo quella della volontà.

La dignità a Welby fu restituita quando un medico pietoso staccò la spina. Perché eseguì le sue volontà. Perché non lo considerò un oggetto ma un Uomo e come tale capace di decidere.
Non morì tra i rantoli. Morì da uomo libero. Con dignità

venerdì 14 settembre 2007

Sulla disobbedienza civile


Quando l’italiano medio sente parlare dei “disobbedienti” pensa a persone che si comportano in modo illecito e talvolta anche violento, e che protestano ferocemente quando qualcuno di loro viene denunciato.
È la storia degli ultimi anni di certa sinistra massimalista, ma per un piccolo partito che la pratica da più di cinquant’anni, ha avuto sempre un altro significato.
Per i radicali la disobbedienza civile è un mezzo per essere denunciati e processati.
La violazione si annuncia ai giornali, alle forze dell’ordine e poi ci s’accinge a farla. Spesso nemmeno si riesce a consumarla perché si viene fermati nel momento in cui si sta per compiere.
Il “disobbediente storico” pretende di essere denunciato e di subire un processo. È consapevole di avere infranto una legge ma è altrettanto consapevole che il diritto si forma anche attraverso l’aula di un tribunale.
Oggi, alle 12.00 l’on. Donatella Poretti, di Radicali Italiani, farà la lavavetri a Firenze. Ha già avvertito il sindaco, i media e i vigili urbani. Vuole un porcesso perché si faccia chiarezza sui poteri del sindaco. Il sindaco ha poteri amministrativi, non legislativi e pertanto non può decidere che cosa è reato e che cosa no.
Per smascherare l'ordinanza illeggitima occorre l'intervento del Tar. Per arrivare al Tar c'è bisogno che una persona sia denunciata.
L'illegalità non si affronta con strumenti illeggittimi: i mezzi prefigurano i fini.
Molti radicali sono stati condannati in via definitiva per queste disobbedienze civili.
Beppe Grillo pretende di annoverarli tra i mascalzoni e, come tali, vorrebbe che si impedisse loro di candidarsi alle elezioni.
Ma queste sono lotte squisitamente politiche. Di alta civiltà, direi.
Ma chi potrà mai spiegarglielo?

giovedì 13 settembre 2007

Prova del nove


Il mio articolo su Avantgarden di oggi:


Tempo fa fui invitato a essere il protagonista di un “incontro con l’autore”. Accettai volentieri. Volevo togliermi qualche sassolino dalle scarpe. L’aula era piena. Mi presentarono. Grandi elogi qua, grandi elogi là,
“Ho smesso di scrivere racconti perché mi sono accorto di essere uno scrittore mediocre”, esordii. “Sono forse accettabile come saggista. Mi documento e credo di saper scrivere. Ma come narratore valgo poco. Certo" aggiunsi, “ogni tanto cedo alle lusinghe e scrivo qualche racconto che non sfigura solo perché c’è tanta gente che scrive e la media è bassa”.

Non volava più una mosca. Il modo migliore per attirare l’attenzione è parlare male di se stessi. La cosa mi riusciva bene perché dovevo dire semplicemente la verità.

Il seguito venne da sé. Dovevo spiegare perché mi ritenevo mediocre.

Una quindicina d’anni fa, raccontai, nel mondo della fantascienza italiana si riscoprì Lovecraft. Dopo Tolkien era giunto il momento dello scrittore di Providence. L’inevitabile paragone arrivò fino a me: “Come Poe, meglio di Poe” si diceva.

“Non scherziamo” tagliai corto. “Poe è uno scrittore vero”.

Lo pensavo allora e ne sono convinto oggi. La differenza tra Lovecraft e Poe è che il primo presenta situazioni che intendono essere paurose e fa dire ai protagonisti di essere terrorizzati.

Il lettore rimane indifferente; qualcuno si apre una bibita, qualcun altro sbadiglia.

Poe, invece, fa una cosa del tutto diversa: suscita paura nel lettore. Come i veri scrittori non fa dichiarare i sentimenti ai protagonisti, li fa provare direttamente a chi li legge.

Chi pensa di essere un bravo scrittore, si domandi se riesce a fare altrettanto.

Altro problemino. Provate ad ambientare un racconto nel futuro. Molti scriveranno: “Il 25 aprile 2180 il cielo era pieno di elitaxi mentre gli ultimi robot spazzini si attardavano per le strade ecc ecc.”. Chi legge non pensa affatto di essere nel futuro. Si rende conto che sta leggendo un romanzo da quattro soldi. Robert Heinlein qualche decennio fa, all’epoca non c’erano nemmeno i cellulari, cominciò un romanzo più o meno così: “Lo squillo del telefono, posto all’interno del suo cervello, lo svegliò di soprassalto”. Bastò un solo rigo per catapultare il lettore nel futuro e dargli molteplici informazioni.

Chi riesce a fare altrettanto?

mercoledì 12 settembre 2007

Sul principio di precauzione


C’è un metodo molto semplice per distinguere una persona che pensa usando il metodo scientifico e chi è superstizioso: i primi si esprimono in termini di probabilità, i secondi usano il concetto di precauzione.
Una cosa che non esiste non possiamo mai escluderla ed è sull’impossibilità di “non esclusione” che si basa il principio di precauzione.
Perché imporre proibizioni? Con il principio di precauzione si ottiene lo stesso effetto. “Non si può escludere che il piercing sia la causa di particolari tumori”. “Non si può escludere che spostarsi in macchina in città provochi un calo delle prestazioni sessuali e un aumento dell’obesità” e così via.
Chi può escludere “con certezza” che queste affermazioni siano false? Inutile smentire dicendo che non ci sono prove. Se non ci sono prove non si sa, dunque “non possiamo escluderlo”. Chi non lo fa, rischia.
Il principio di precauzione non dà probabilità agli eventi ma conduce diritto al non fare.
Deriva dal famoso principio della “prudenza in condizioni di ignoranza”. Si sa che “toccare ferro” è una forma di superstizione ma non costa niente toccarlo; non si sa mai.
Non convince la tesi che il principio vada applicato solo in condizioni di non ritorno. Anche qui molto meglio affidarci alle probabilità.
Quando poi quel toccare ferro si rivolge contro le onde elettromagnetiche o la ricerca scientifica sugli OGM, allora la superstizione può tradursi in danni per il genere umano.

martedì 11 settembre 2007

Per la Causa

L’11 settembre di sei anni fa ha cambiato il corso della storia. Ma non è di questo che intendo parlare. Ci sono persone e movimenti, che negano l’evidenza. È la tesi del complotto.
Non è una novità. Per decenni ha prosperato in Gran Bretagna il movimento in difesa della terra piatta. Ancora negli anni venti, Bertrand Russell raccontava di un acceso dibattito cui prese parte un marinaio. Aveva fatto il giro del mondo, letteralmente. Chi meglio di lui poteva smontare le tesi avversa? Con questo solo argomento fu presto messo a tacere. Il movimento per la difesa della terra piatta si sciolse solo nel 1968 quando l’Apollo trasmise in diretta le immagini della Terra ripresa dallo spazio.
Non tanto diverso è il caso della sindone di Torino, il lenzuolo che si sostiene abbia ravvolto il corpo di Cristo. Il primo documento in cui compare risale al 1389. Si tratta del memoriale del vescovo Pierre d’Arcis a Papa Clemente VII in cui si fa il resoconto di un’indagine compiuta dal suo predecessore Henri de Potier. L’indagine aveva portato alla luce che il telo “era fatto per opera umana, non miracolosamente prodotto o concesso”. Fu anche individuato l'autore che aveva confessato.
Inoltre, la prova radiocarbonica, eseguita in tre laboratori scientifici nel 1988, dimostrò senza ombra di dubbio che il telo risaliva al XIV secolo.
Eppure tutto ciò non basta. Contro ogni evidenza c’è chi alimenta la credulità popolare.
Perché?
Forse quest'ultimo episodio ci aiuta a capire. Sempre Russell racconta di un prete che, dal pulpito, intimoriva i fedeli dicendo di prepararsi perché l’Apocalisse era vicina. Quegli stessi fedeli si rassicuravano vedendo il parroco piantare semi di piante a crescita lenta nel proprio giardino.
Come il parroco dell’Apocalisse, i mistificatori di ieri e di oggi probabilmente sanno, in cuor loro, di avere torto, ma pensano che la Causa valga la menzogna. Il fine giustifica i mezzi. Ma quanto mai può realmente valere un Fine di chi rifiuta di guardarsi allo specchio?

lunedì 10 settembre 2007

Una o tante?

Qualche volta mi sveglio male e quando capita vengo assalito dai dubbi.
Oggi è un giorno di quelli.
Pensavo al creazionismo e al motivo della sua diffusione negli Stati Uniti.
Se c’è una conoscenza che poggia davvero su basi solide questa è l’evoluzionismo. Come mai allora sono così forti i movimenti che lo negano? Ignoranza certo, non conoscenza del metodo scientifico di sicuro, incapacità di ragionare in termini rigorosi è ovvio. Tutto vero, ma perché certi fenomeni sono più forti negli Stati Uniti che in Europa?
Temo che la risposta vada cercata nel fatto che la società americana è più libera di quella europea. Non c’è una religione di stato. Vige un sistema di concorrenza e il mercato funziona meglio in tutti i campi, anche in quello delle sette.
E allora mi chiedo quale sia il male minore.
È meno peggio avere una religione di stato con un grande potere anche politico ma che finisce inevitabilmente con l’adattarsi, anche se tardivamente, allo sviluppo sociale e non può negare l’evidenza scientifica, oppure è meglio avere tante sette, meno potenti politicamente ma che spargono a piene mani ignoranza e indicano a milioni di persone la scienza come un nemico?

domenica 9 settembre 2007

Sul V-Day

Ieri è stato il giorno del V-Day.
Si è trattato di un evento molto significativo per più motivi. Provo a elencarli:

1) centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza in tutta Italia convocate da... un blog. L'evento era stato ignorato da stampa e Tv ma internet li ha sostituiti, rivelando, forse per la prima volta in Italia, il suo enorme impatto mediatico.

2) in un solo giorno sono state raccolte 300.000 firme per una petizione di legge popolare. Nessuno c'era mai riuscito. Beppe Grillo non aveva dietro di sé un partito organizzato, non aveva niente se non il popolo del web. Un risultato straordinario che fa riflettere. Quando si toccano corde profondamente sentite, basta un semplice blog per mobilitare le persone. Chi attribuisce le sue disgrazie elettorali alla poca visibilità televisiva è rimasto al secolo passato e forse nemmeno a quello.

3) si conferma che nei momenti di bassa credibilità del ceto politico c'è l'aspettativa di un salvatore. Di qualcuno che sparigli le carte. Di solito questi movimenti, pur animati dalle migliori intenzioni, poducono gravissimi danni. Il "movimento" di Grillo si trova ancora nella prima fase. Un proverbio dice che ogni regola ha le sue eccezioni, non ci resta che sperare.

Ma si parte male. L'italia ha bisogno di un solo cambiamento e si chiama sistema elettorale uninominale. Collegio unico all'americana. Il candidato deve rappresentare il territorio. Sbaraglia quelli del suo partito in primarie all'ultimo sangue e si si batte con gli altri in un confronto senza esclusione di colpi. Chi vince va in parlamento, chi perde resta a casa.

In una lotta così serrata, se qualcuno è stato condannato dovrà faticare molto di più per vincere primarie e avversari. Ma a decidere saranno i cittadini, e non i giudici come nella proposta di Beppe Grillo.

Se qualcuno merita di essere eletto più di due volte saranno i cittadini a deciderlo in base a come si è comportato in precedenza perché il rapporto eletto-elettore sarà diretto. Se il popolo sovrano deciderà di eleggerlo per la terza volta, così sia. In democrazia l'unico a poter fermare politicamente una persona è il popolo, non il giudice.

L'uninominale è un voto di preferenza ai massimi livelli. Si vota per la persona non per il partito. Nessun altro sistema elettorale riesce a garantire altrettanto. Le preferenze nel proporzionale conducon al voto di scambio, inoltre ai tempi in cui in Italia c'erano le preferenze i nuovi parlamenti erano la fotocopia dei precedenti. Nessun politico di professione andava mai a casa.

Aggiungo che, chi vince, riceve un mandato forte e diretto. Nella lotta per primeggiare sarà stato costretto a prendere posizioni forti e dovrà realizzarle perché avrà su di sé gli occhi puntati di chi lo ha eletto. Del suo operato dovrà rendere conto direttamente agli elettori, non ai segretari di partito.

Se il movimento di Beppe Grillo non si convertirà velocemente all'uninominale quell'eccezione di cui parlavo all'inizio, molto probabilmente svanirà.
Le mie previsioni sono che non si convertirà. L'Italia ebbe la sua occasione nel 1999. La perse grazie all'astenzione anche dei morti e a un tipo strano che grida da sempre di essere il campione della libertà ma che proibisce un sacco di cose e in 13 anni ha proposto tutti i sistemi elettorali possibili, ne ha immaginati di nuovi, ma si è ben guardato di proporre l'uninominale.

sabato 8 settembre 2007

L'impopolare indulto


Ascoltavo “La zanzara”, un programma radiofonico di Radio 24.
Il giornalista ce l’aveva con l’indulto dell'anno scorso. E chi telefonava lo stesso.
Qualcuno ha chiesto perché i politici non hanno dato ascolto agli italiani che erano contro.

Non so se fossero contro, non conosco i sondaggi. So che a un sondaggio si risponde in modo diverso in relazione a come si formula la domanda.

Non c'è dubbio: l’indulto è una sconfitta per uno stato di diritto. Ma mi chiedo come risponderebbero gli italiani alla domanda se sono favorevoli alla tortura.
E allora la domanda sull’indulto, se mai c’è stata, è stata mal posta.
In certe celle i detenuti non riuscivano nemmeno a sdraiarsi sul pavimento per dormire, se non a turno, perché non c’era abbastanza spazio. Ma senza arrivare a questi estremi è evidente che tenere in una cella troppi detenuti per metro quadro non è legale. E come si può tenere in carcere qualcuno perché ha violato la legge quando il tipo di carcere che gli infliggiamo viola esso stesso la legge?
Come uscirne dipende dalla posizione politica. Qualcuno proporrà di costruire nuove carceri, altri di depenalizzare certi reati e di ricorrere a pene alternative.

È probabile che l'immobilismo non consentirà né l'una né l'altra cosa e che tra qualche tempo ci ritroveremo le carceri sovraffollate, ma questo indicherà solo la cronica incapacità di affrontare i problemi della classe politica italiana.
In ogni caso lo stato non può mettersi fuori legge.

venerdì 7 settembre 2007

Editoriale per Scacchitalia


Oggi riposo. Mi limito a pubblicare l'editorialino spedito per il numero di settembre di Scacchitalia, la rivista della Federazione scacchistica italiana (indirizzo web: http://www.federscacchi.it/str_reg.php?tipo=6).


Oltre 1300 persone hanno scaricato sul proprio computer il file pdf del primo numero, nuova gestione, di Scacchitalia. Non c’è male tenuto conto del periodo estivo, ma si può fare di più. La scelta redazionale di non occuparci in modo diretto degli aspetti tecnici, se da una parte ci penalizza (si sa che allo scacchista medio interessa soprattutto l’ultimo ritrovato nella variante Scheveningen della Siciliana) dall’altra ci caratterizza in modo forte e dà alla rivista un senso diverso da quello delle riviste commerciali presenti sul mercato italiano.
Già alcuni articoli del primo numero dimostrano l’importanza di una pubblicazione istituzionale. Si pensi, per esempio, al pezzo di Marcello Perrone sui campionati giovanili.Difficilmente una rivista commerciale potrebbe permettersi il lusso di pubblicare tabelle e grafici come abbiamo fatto noi, ma quei dati sono di un’importanza fondamentale per chi vuole studiare l’evoluzione del fenomeno giovanile in Italia negli ultimi anni ed è stato straordinariamente importante averli resi pubblici. Chi si occupa del settore lo ha capito e ce ne ha dato atto.
Nel numero scorso Edoardo Bonazzi ha intervistato il giovane Caruana. Lo sanno tutti, ne ha parlato anche la stampa nazionale, ma ignorarlo nelle colonne della rivista federale sarebbe inammissibile. Fabiano ha conquistato il titolo di Grande Maestro. Risultato importante per lui in primo luogo, ma anche per lo scacchismo italiano date le scelte del giovane campione. Altri nostri ragazzi sono vicini al titolo e la fsi è vicina a loro: forza dunque.
Termino con una considerazione. Quando rilevai Scacchitalia mi domandai se saremmo stati capaci di trovare materiale sufficiente per farla uscire con una certa regolarità. La questione non può dirsi risolta dopo appena due numeri, ma sono rimasto sorpreso nello scoprire quanto gli scacchisti collaborino volentieri alla rivista federale. Di più: ne vanno fieri. E io lo considero un segno molto positivo, sintomo di vicinanza e condivisione di obiettivi. Un tempo non era così. Sarà merito della tecnologia, della comunicazione globale, di una diversa politica federale. A dir la verità, non lo so. So solo che il clima è un po’ quello del “sono anch’io federazione”.
Ammetto che mi piace.

giovedì 6 settembre 2007

Embrioni chimera


C'è sempre stato un "mostro contro natura". Così fu definito il treno quando nel 1836 furono scomunicati i ferrovieri, i viaggiatori e chiunque contribuisse a costruirlo e a metterlo su rotaia.

Oggi quella scomunica fa sorridere. Ma chi ripaga la povertà e l'arretratezza economica indotta dalla ritardata introduzione del trasporto su rotaia nello stato del papa re?

Il mostro contro natura di oggi è la ricerca scientifica sulle cellule staminali embrionali.

"È un atto mostruoso contro la dignità umana" tuona monsignor Sbreccia, a commento della decisione britannica di dare il via a una ricerca che potrebbe migliorare e salvare la vita di milioni di persone sofferenti.

Poi, anche i nostri campioni del pensiero ignorante e medievale, quando i treni cominceranno a viaggiare e porteranno sicuri benefici, saranno, come al solito, i primi a sgomitare per salire.

mercoledì 5 settembre 2007

Una nuova rubrica

Da oggi redigo una rubrica letteraria su "Avantgarden" (http://www.statale11avantgarden.com/), il sito della scrittrice Sabina Marchesi. La mia rubrica s'intitola "Il giovedì di Mario" perché dovrebbe uscire a cadenza settimanale ogni giovedì. Oggi, mercoledì, ho pubblicato questa presentazione.

SI COMINCIA
Aprire una nuova rubrica è un po' come sposarsi. Grande entusiasmo all'inizio, piatti in faccia e avvocato alla fine. La speranza degli sposi è che il periodo eroico duri per tutta la vita. È anche la mia. Se così non fosse, godiamoci almeno il periodo eroico.

Una quindicina d'anni fa, durante una conferenza nell'ambito della convention del fantastico e della fantascienza, ero seduto in prima fila insieme a un critico letterario piuttosto noto nell'ambiente. A un certo punto costui aprì la ventiquattrore, ne estrasse una pistola giocattolo dotata di tappo di sughero, la puntò sull'oratore e sparò. Con divertimento dei presenti il colpo andò a segno. "Mi sono fatto centinaia di chilometri" mi spiegò poi "per ascoltare un imbecille di cui sapevo in anticipo che cosa stesse per dire. Non aveva niente da insegnare, niente che facesse riflettere. Inammissibile".
Eppure proprio lui, in un'altra occasione, aveva espresso l'opinione che considerava fottuto chi avesse letto più di mille libri. Ed egli rientrava nella categoria. Come poteva fare qualcuno a suscitare il senso del meraviglioso o anche solo a far riflettere chi avesse letto più di mille libri? In ogni caso aveva torto: fottuto è chi ne ha letti di meno.
Comunque sia, non intendo farmi sparare tappi di sughero. Spero di non essere banale, né normale secondo i criteri dell'uomo medio(cre). Perché ce l'hai tanto con la normalità, mi chiese un giorno un amico. Perché è conformismo, avrei voluto dirgli, e il conformismo è oppressione, ma mi parve più efficace rispondergli che "la normalità è un boia stakanovista che la sera dorme il sonno dei giusti".
Parlerò di quel che conosco. Dirò quel che ho voglia di dire. Potrà succedere che qualche volta non parli di letteratura gialla né di letteratra tout court. Non chietemi perché avrò scritto qualcosa che non c'entra niente, si vede che non sarà capitato.
Rivelerò un segreto. Per questa rubrica avevo sottoposto agli amici tre titoliti, uno era "inchiostro simpatico". Voleva dire di non prendermi troppo sul serio. Un po' come quel saggio che disse: "Non prendere la vita troppo sul serio, tanto da qui non si esce".
Dovrà divertire, innanzitutto chi la scrive, ma ovviamente anche chi la legge.
"Inchiosto simpatico" è stato bocciato senza pietà. Secondo altri il titolo "Il giovedì di Mario Leoncini" poteva andare, ma forse, ha aggiunto una mia amica che stimo molto, era meglio togliere il cognome. Mi piacque, e così è stato. Fabio Lotti, dissacratore com'è, mi ha detto che sembra l'insegna di una trattoria: "Da Mario, aperto il giovedì". Ha torto, ma non glielo dico. Preferisco si diverta a ricamarci sopra, così lui si diverte e mi diverto anch'io.
A cinquant'anni ho imparato il gioco degli specchi

martedì 4 settembre 2007

Adunate oceaniche


Voglio bene a Emilio Fede. Enfatizza ma apre gli occhi. Sono convinto che lo faccia apposta.
C'è, per esempio, la storia delle piazze riempite da un milione di persone. Un tempo le riempivano i comunisti. 10, 20 comunisti per metro quadro. Ma erano compagni, temprati al sacrificio.
L'ultimo caso è stato in occasione del family day.
Un milione di persone in piazza San Giovanni che ha un'area di 80mila metri quadri.
Nessun dubbio. La notizia veniva sparata sui telegiornali con la massima serietà.
Ci pensò il buon Fede a far aprire gli occhi agli italiani. No, non erano un milione ma almeno 1.700.000: 21 persone per metro quadrato.
A quel punto mi accorsi di amarlo. Se avessi condotto il telegiornale io avrei parlato di 60 milioni, tutti gli italiani. Forse qualche dubbio, in qualche cranio sarebbe sorto.
Forse.

lunedì 3 settembre 2007

Il metodo Cheng

Un amico cinese mi scrive di essere diventato ricco con le corse dei cavalli.
“Mi sono procurato un database di cento milioni di indirizzi email” dice. “Li ho divisi in blocchi di 10 milioni, ad ognuno dei quali ho abbinato uno dei 10 cavalli che partecipano alla nostra gara nazionale della domenica. Ho spedito loro il nome dicendo che avrebbe vinto. Ho aggiunto di essere un esperto che non sbaglia da anni una previsione.
10 milioni di cinesi hanno potuto constatare che avevo dato loro il nome del cavallo vincente. A questi 10, divisi in altrettanti blocchi di 1 milione ciascuno, ho spedito una seconda previsione chiedendo loro, nel caso che avessero scommesso e vinto, 10 euro per continuare a ricevere previsioni.
1 milione di persone ha constatato che avevo di nuovo previsto il cavallo vincente e centomila di questi mi hanno mandato 10 euro.
Ho raggranellato il mio 1° milione di euro.
Queste centomila persone però erano ormai disposte a pagarmi in anticipo. Ho chiesto loro altri 10 euro prima di mandare la previsione.
Il mio conto in banca si è arricchito di un 2° milione.
Ho continuato il gioco con le rimanenti 10.000 chiedendo loro 100 euro.
3° milione.
Alle 1000 selezionate, che ormai mi consideravano una specie di mago ho chiesto 1000 euro che si sono affrettate a spedirmi
4° milione.
E così via con 100 e con le ultime le 10 persone.
Ora è rimasto un solo cinese cui, probabilmente, potrei chiedere qualsiasi cifra. Ma ho già intascato 6 milioni e posso sempre rifarli. L’idea di avere beneficiato qualcuno non mi dispiace. Fa piacere sapere che una persona, in qualche parte del mondo, si ricorderà di me e forse mi sta innalzando un monumento. I soldi, dopotutto, non sono tutto.
Ti scrivo appena arrivo alle Bahamas,
Cheng”.

domenica 2 settembre 2007

Invece di discutere, calcoliamo


Leibniz aveva auspicato di riuscire a ridurre qualsiasi ragionamento in calcolo. Se due persone non si trovano d’accordo basterebbe mettersi a un tavolo e dire “calcoliamo”.
Affascinante.
Una ventina d’anni fa ci credevo anch’io. Scrissi il “decisore”, un programma per computer che doveva aiutare a prendere decisioni.
Funzionava. Ma non dava mai una risposta diversa da quella che avevo già deciso. Se la dava segnificava che non avevo immesso tutti i dati o li avevo immessi dando loro una valutazione numerica sbagliata. Allora li correggevo e ottenevo che il “decisore” mi suggerisse il comportamento che io desideravo fin dall’inizio.
Funzionava, ma non serviva a niente.
Il sogno di Leibniz non sarà realizzato. Un calcolo preciso è impossibile perché i nostri giudizi oscillano.
Un mio amico matematico, per dimostrarlo, inventò un paradosso.
Provate a domandare a qualcuno quant’è alta una certa cosa. Domandateglielo in questa forma: “È più alto di x metri?” dove x è talmente alto che non possa rispondere “Non lo so” (se risponde così aumentate ancora l’altezza finché risponderà “No”).
Abbassate la quota finché dirà “Non lo so”. Poi rialzatela finché dirà “No” e così via. Ammettiamo che una sua risposta sia stata che è meno alta di 2 metri e che abbia risposto non lo so a 1 metro e mezzo. Chiedetegli se è alto 2 metri meno un micron. Risponderà “Non lo so”.
L’esperimento è finito. Il vostro amico sarà stato capace di riconoscere la differenza di un micron perché si era detto sicuro che l’altezza fosse inferiore a 2 metri e insicuro a 2 metri meno un micron.
In altri termini, ha riconosciuto la differenza di un milionesimo di metro.
Ma quel che realmente è successo è che i suoi giudizi sono oscillati nel corso della conversazione.

sabato 1 settembre 2007

Quando conviene giocare al lotto

No. I numeri non hanno memoria. Chi pensa che un numero ha più probabilità di uscire perché da più tempo degli altri non viene estratto, è persona di cui avere compassione.
Ma non è di questo che voglio parlare.

Cavour definì il lotto "la tassa degli imbecilli". Da un punto di vista monetario aveva ragione. Il gioco non è equo. Chi gioca deve sapere che, alla lunga, è di sicuro destinato a perdere. Per una giocata semplice il gioco sarebbe equo nel caso venisse pagata 18 volte la sua posta. Ma viene pagata solo 10,5 volte, per questo chi gioca ci rimette.

Ma c'è un altro fattore che spesso non viene calcolato: la speranza di vittoria. Quanto vale la speranza? Quanto una persona è disposta a spendere per tenere in tasca un biglietto che gli regala una manciata di ottimismo e gli rende più vivibile la settimana? La risposta varia da persona a persona. Per chi considera che la speranza valga più della differenza tra la posta che dovrebbe venire pagata e quella che effettivamente è pagata, giocare è conveniente.